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Basaglia. Come si attua l'utopia della realtà

di Maria Grazia Giannichedda*
[il manifesto - alias, 19 maggio 2012]



Franca Ongaro Basaglia è stata una protagonista delle battaglie civili e culturali che hanno cercato di dare qualità ai cambiamenti che attraversavano l'Italia negli anni «di intense speranze e contrapposte paure» del secondo dopoguerra. Se la società italiana ha girato lo sguardo verso gli internati dei manicomi, se la psichiatria ha cominciato a interrogarsi sui suoi fondamenti e la democrazia a giudicarsi di fronte alla condizione dei malati di mente e di quanti vivono forme analoghe di esclusione, se la costruzione della cittadinanza ha fatto passi avanti nel segno della Costituzione, questo lo si deve in modo speciale all'impulso di un gruppo di «intellettuali e di tecnici», e Franca Basaglia tra questi, che nei primi anni sessanta hanno cominciato a pensare e a fare ricerca in modo diverso rispetto alle culture dominanti, e si sono assunti la responsabilità di mettere alla prova le proprie intuizioni nella pratica professionale e nell'impegno politico.
Franca Basaglia ha vissuto per intero il ciclo del cambiamento che ha contribuito a innescare: il lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia; il movimento che scuote la psichiatria in tutta Europa e che in Italia dura più a lungo perché si radica nell'istituzione pubblica e da i lì conduce le sue battaglie; le riforme psichiatrica e sanitaria del 1978 e i duri anni successivi, con la morte di Franco Basaglia nel 1980 e i progetti i di controriforma in Parlamento, dove Franca Basaglia arriva nel 1984, eletta al Senato come indipendente nelle liste del Partito comunista. Per due legislature Franca Basaglia diventa il riferimento delle esperienze di trasformazione della psichiatria che resistono e di quelle i nuove che nascono, si impegna nel dialogo col movimento dei familiari, cerca di indurre gesti di governo della riforma attraverso diverse iniziative, tra le quali un disegno di legge che sarà la base del primo progetto «Obiettivo salute mentale»nel 1989. Poi la svolta degli anni novanta, con le prime, in realtà uniche, azioni di governo della riforma, la chiusura degli ultimi ospedali psichiatrici e la diffusione dei servizi di salute mentale, sempre diseguali in quantità e qualità.
Franca Basaglia ha segnato questo percorso fino ai primi anni duemila, che forse sono stati per lei i più difficili. Certo era indebolita dalla malattia che l'ha portata alla morte il 13 gennaio 2005, ma era anche colpita dal regredire veloce dei processi di riforma della psichiatria e della sanità e dal crescere invece, quasi senza contrasto, dei processi di medicalizzazione della vita e di costruzione del povero come nemico, a fronte di una cultura che sembrava incapace di riconoscere queste tendenze e di una politica sempre meno interessata ad arginarle.
Salvo gli anni di Gorizia, in cui ha partecipato all'apertura del manicomio, e gli anni dell'impegno parlamentare, Franca Basaglia ha fatto soprattutto lavoro di studio e di scrittura, in un legame molto forte, sostanziale con il lavoro di trasformazione che Franco Basaglia inventava e guidava, e con la straordinaria mobilitazione che ne nasceva. Per tutti gli anni settanta, la grande casa di Venezia, dove Franca Basaglia abitava con i figli e in cui Franco tornava quasi ogni fine settimana, è stata attraversata dalle persone più diverse con cui prendevano corpo i progetti di quegli anni intensissimi, in un clima spesso allegro, a volte conflittuale, con ben poca distinzione tra vita privata e pubblica. Franca Basaglia, con quel suo stile aristocratico e affettuoso, anticonformista e accogliente, era un riferimento fondamentale di quel discutere, progettare, realizzare - da Marco Cavallo a Psichiatria democratica, al Réseau, ai programmi di ricerca, al dibattito sulla riforma psichiatrica, che ebbe un'accelerata improvvisa tra la fine del '77 e i primi mesi del '78; proprio mentre lei scriveva i primi tre saggi di questo libro, quasi rifugiata in quello che chiamava «lo studietto», tra gli schedari che riordinava e i blocchi di appunti in cui annotava le discussioni con Franco Basaglia. I lavori che hanno scritto insieme negli anni settanta sono nati così, con lunghe discussioni nelle quali venivano coinvolti anche i collaboratori, i colleghi, gli amici con cui nei fine settimana si lavorava a un progetto o all'altro. Quando si era formata una massa critica di idee e argomenti, Franca Basaglia si chiudeva nello studietto con la macchina da scrivere, cercando di difendersi dal telefono e dai problemi che la reclamavano. Franca Basaglia ha scelto e sempre difeso questolegame tra il suo lavoro teorico e la concretezza dei luoghi in cui si giocavano le questioni che studiava.
Si è mantenuta in contatto con i servizi, ha lavorato alla formazione degli operatori, ha sostenuto le associazioni di familiari e utenti, è andata a convegni, dibattiti, incontri. Questi due aspetti, il lavoro teorico e l'impegno culturale e politico, nella i sua vita si sono sempre integrati perché nascevano dalla stessa ispirazione, si nutrivano degli stessi sentimenti, avevano la stessa origine e radicalità. Negli ultimi tempi, Franca Basaglia usava spesso questo concetto, radicalità. Era convinta che per capire cos'era accaduto con i la riforma psichiatrica e non solo, si dovesse essere radicali, si dovesse cioè cercare di cogliere la radice delle questioni, che poi sta nella concreta condizione degli umani, nei loro corpi ed esperienze, nelle diversità e disuguaglianze da cui sono segnati. È necessario «un cambio radicale dei corpi professionali e dei fondamenti culturali delle diverse discipline», concludeva in quello che è stato il suo ultimo lavoro, la lezione per la laurea ad honorem a Sassari. Queste «discipline, che agiscono essenzialmente su parti separate dei corpi, dovrebbero invece misurarsi con i bisogni di cui questi corpi sono intrisi», e dovrebbero «porsi il problema prioritario della disuguaglianza e del conflitto che essa produce come radice con cui confrontarsi». Quel confronto per Franca Basaglia era iniziato a Gorizia, davanti ai corpi offesi dal manicomio, e in fondo ha lavorato tutta la vita per capire, spiegare agli altri e combattere ciò che allora aveva visto. Nelle prime pagine di un libro per ragazzi, Manicomio perché?, Franca Basaglia ricorda «le prime immagini viste del manicomio».
È. il 1962, lei ha trentaquattro anni, dal 1953 è sposata con Franco Basaglia, direttore da qualche mese dell'ospedale psichiatrico di Gorizia, e hanno due figli piccoli, Enrico e Alberta. Fino ad allora hanno vissuto tra Venezia e Padova, Franco lavorando nella clinica
neuropsichiatrica nell'Università di Padova, Franca occupandosi della famiglia ma non rinunciando a coltivare la passione per la scrittura. Ha scritto infatti il testo di un'edizione dell'Odissea disegnata da Hugo Pratt, che ancora non aveva creato Corto Maltese e che da quando erano ragazzi era amico di Franca e di suo fratello, lo scrittore Alberto Ongaro. Le avventure di Ulisse erano uscite a puntate sul «Corriere dei Piccoli», per il quale Franca Basaglia aveva anche scritto alcune favole e una riduzione del romanzo di Louisa May Alcott, Piccole donne. L'impatto con l'ospedale psichiatrico dirotta però in poco tempo quello che forse era un progetto di vita. Franca Basaglia smette con la letteratura, comincia a fare la volontaria nei reparti, studia sociologia e psicologia, partecipa alle discussioni dell'équipe che nel frattempo si sta allargando, va per qualche settimana a Melrose, in Scozia, nell'ospedale psichiatrico di Dingleton per vedere da vicino come lavora Maxwell Jones, che sta conducendo all'epoca il primo esperimento di gestione di un intero ospedale psichiatrico in forma di comunità terapeutica.
Le immagini con cui Franca Basaglia racconta il manicomio rivelano una cultura che appartiene a tutto il gruppo di Gorizia ma che caratterizza lei in modo speciale. Dimostrano dimestichezza con i meccanismi istituzionali, abilità nel cogliere e decodificare i giochi di potere attraverso i dettagli e i riti del quotidiano, capacità di leggere il linguaggio dei corpi, degli oggetti, degli spazi. Questa cultura si coglie già nel contributo, il primo che Franca Basaglia firma individualmente, al volume che presenta il lavoro di Gorizia e che esce nel 1967 con un titolo coraggioso ed esplicitamente sartriano, Che cos'è la psichiatria?. A
quel libro, curato da Franco Basaglia e pubblicato dalla Provincia di Parma con, in copertina, un autoritratto di Hugo Pratt in divisa da internato, Franca Basaglia partecipa con un saggio che rappresenta bene, tra l'altro, il lavoro di innovazione culturale di quegli anni. Commenta infatti il testo La carriera morale del malato mentale del sociologo americano Erving Goffman, in realtà un capitolo del libro Asylums, che Franca Basaglia sta traducendo e che uscirà l'anno seguente, nel 1968, con un'introduzione dei Basaglia.
Asylums sarà la prima opera di Goffman pubblicata in Italia. Questo i libro, sull'onda del successo che aveva avuto qualche mese prima la pubblicazione di L'istituzione negata, avrà in Italia un'eco che sorprenderà lo stesso Goffman, uomo originale e schivo con cui i Basaglia entrano in sintonia. Di Goffman, Franca Basaglia tradurrà anche Il comportamento in i pubblico, e Goffinan scriverà un contributo per il volume Crimini di pace.
Tra il 1966 e il 1970 l'attività di Franca Basaglia diventaa intensa: scrive per diverse riviste e nel frattempo partecipa con tutto il gruppo di Gorizia all'elaborazione di L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico. Nel suo contributo, «Rovesciamento istituzionale e finalità comune», Franca Basaglia propone alcuni dei temi su cui lavorerà anche negli anni i successivi: il nesso tra libertà e responsabilità, la vitalità e l'inevitabilità del conflitto. Mettere in questione i ruoli istituzionali induce una «problematizzazione della situazione, (...) una messa in crisi generale e individuale insieme», nella quale si oscilla continuamente «tra il bisogno di un'autorità (che elimini o diminuisca l'ansia prodotta dalla dimensione in cui l'intera istituzione tende a muoversi: la responsabilizzazione), e il bisogno di conquistare una libertà che passa attraverso la conquista della propria responsabilità», e che vale tanto per i malati quanto per i medici. La prospettiva non può essere una semplice «”democratizzazione di rapporti”, che rischierebbe di essere fine a se stessa» riproponendo un gioco fisso di ruoli. La prospettiva è la continua ricerca di «andare oltre la suddivisione dei ruoli», in un «movimento dialettico (...) che non presume di risolvere i conflitti, ma di affrontarli a un altro livello».
In quest'ottica Franca Basaglia comincia a lavorare anche sull'altro tema che costituisce la trama della sua ricerca e del suo impegno, l'essere donna e il rapporto tra donne e uomini. L'inizio, come racconta lei stessa, era stato emblematico. Aveva scritto «nel '68, quando si parlava di rivoluzione come se ne fossimo alla vigilia, un articolo, un po' sfasato rispetto alla politicità del momento, sulle difficoltà del rapporto privato donna-uomo». L'articolo, che anticipa uno dei temi del movimento femminista, «poneva l'accento sulla coerenza necessaria, in chi tenta di lottare contro ogni tipo di sopraffazione, fra il privato e il pubblico». L'articolo venne pubblicato su Che fare?, una rivista importante della sinistra a cui il gruppo di Gorizia collaborava, ma «la redazione (...) evidentemente perplessa di fronte a un testo ambiguo che tentava di parlare, al di là della lotta di classe, della politicità del quotidiano attraverso una storia di subordinazione della donna»,si dissociò con un titolo inequivocabile: Confessione sbagliata.
Per alcuni anni Franca Basaglia non scrisse su questi temi, o meglio scrisse due testi brevi, Grillo parlante (1970) e Il soldato e la spada (1972), che pubblicò solo nel 1982 nell'antologia Una voce. Riflessioni sulla donna, in un capitolo intitolato Monologhi, che si conclude con un testo molto bello, Congedo (1980). Qui, i temi che le sono cari e che ritroviamo in alcuni scritti firmati con Franco Basaglia - «l'utopia di un rapporto che per ora si realizza solo nel conflitto, come l'utopia dell'eguaglianza si realizza solo nella lotta per raggiungerla» - si mescolano con un accenno diretto al suo rapporto con Franco morto da poco. «Ora che la mia lunga lotta con e contro l'uomo che ho amato si è conclusa, so che ogni parola scritta in questi anni era una discussione senza fine con lui, per far capire, per farmi capire. Talvolta era un dialogo. Talvolta l'interlocutore svaniva e io restavo sola sotto il peso di una verità che si riduce a un'arida resa dei conti con il bilancio in pareggio, se l'altro non la fa anche sua.»
Franca Basaglia aveva ripreso a scrivere sulla questione donna nel i 1977, introducendo i libri di Phyllis Chesler, Le donne e la pazzia e di Giuliana Morandini, E allora mi hanno rinchiusa. L'anno successivo i scrive la voce «Donna» per l'Enciclopedia Einaudi e cura la ripubblicazione del testo di un neurologo tedesco di un certo rilievo, Paul Julius Möbius, che era uscito nel 1900 ed era stato tradotto qualche anno dopo da Ugo Cerletti, l'inventore dell'elettroshock. Il testo, esplicito fin dal titolo, L'inferiorità mentale della donna, «può trarre in inganno», avvertiva Franca Basaglia nella sua introduzione, «e indurre commenti pesantemente ironici» che possono sottovalutare quanto invece i «sia ancora presente nella nostra cultura, seppure mascherato, trasformato, tradotto in linguaggi diversi» l'argomentare positivista alla Möbius che «ricorre alla creazione d una natura che, di volta in volta, assume la faccia più adeguata all'uso che si vuol farne».
Franca Basaglia firma anche, nel 1980, l'introduzione di un libro nato da un momento importante delle battaglie femministe, Un processo per stupro. Si tratta del primo resoconto televisivo di un processo che si era svolto a Latina nel 1978 e che, ripreso da un gruppo di registe della televisione, era stato mandato in onda nel 1979. Il reportage aveva mostrato il gioco del dibattimento che trasformava la vittima in imputata, con le madri a difendere i figli stupratori e «quell'atmosfera da caserma» - come scrive Franca Basaglia - «che avvolgeva l'intero tribunale in una complicità tutta maschile».
Tra i diversi lavori scritti o curati coi Franco Basaglia, su due è necessario soffermarsi, sia per il loro valore intrinseco sia perché rappresentano bene le scelte e il percorso di Franca Basaglia. Il primo è Morire di classe. La condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin... L'idea di fondo era che i meccanismi di esclusione avrebbero potuto essere messi in questione se il problema del manicomio fosse uscito dall'ambito degli specialisti... Il secondo libro da richiamare è Crimini di pace, che coinvolse intellettuali come Michel Foucault, Robert Castel, Noam Chomsky, Ronald Laing, Erving Goffman in una discussione sul «ruolo degli intellettuali e dei tecnici come addetti all'oppressione»...
Intorno al '75 arrivò da Einaudi, che aveva avviato un ambizioso progetto di Enciclopedia, alcune voci, gran parte delle quali relative alla medicina. Franca Basaglia affrontò sostanzialmente da sola questa fatica nuova e di grande respiro. Nelle prime pagine del capitolo Clinica Franca Basaglia esplicita l'orientamento che seguirà in tutto il lavoro: non «una ricerca archeologica sull'organizzazione del sapere medico, (...) sull'evoluzione della scienza e del mutare della malattia», ma il tentativo di vedere la malattia, oltre che come «fenomeno naturale», come «prodotto storico-sociale, il cui valore e significato mutano con il mutare di ciò che è – per l'organizzazione sociale in cui si trova inserito - l'uomo che ne è portatore».
...Per questo oggi che siamo colpiti i tanto dalla condanna alla salute quanto dalla minacciosa crescita delle depressioni, l'approccio di Franca Basaglia risulta più prezioso e viene da domandarsi come mai il terreno su cui lei ha cominciato a lavorare sia stato così poco attraversato: anche lei, del resto, non ha più potuto dedicarsi che in modo episodico alla ricerca critica sulla medicina e in generale allo studio. Nel 1983, infatti, il Partito comunista le propose la candidatura come indipendente al Senato, dove fu eletta per due legislature e aderì al gruppo parlamentare della Sinistra indipendente ...Il suo impegno, e certamente il suo successo principale, fu il disegno di legge di attuazione della 180 che presentò per la prima volta nel 1987 con le firme di tutto il suo gruppo parlamentare. In Parlamento in quella fase c'erano una decina di disegni di legge che volevano variamente scardinare la «legge 180», come si continuava a chiamarla. Da parte dei ministri della Sanità non arrivava alcun gesto di governo, le regioni facevano leggi a volte buone che disattendevano sistematicamente, e soprattutto non si aveva idea, neppure quantitativa, di cosa accadesse nelle vecchie e nuove istituzioni psichiatriche. Ma c'erano molti gruppi, di ascendenze e orientamenti diversi, che lavoravano a i mettere in piedi servizi di salute mentale degni di questo nome, e c'era il gruppo storico di Trieste, che a metà degli anni ottanta aveva già organizzato l'intero sistema locale dei i servizi di salute mentale. Infine c'erano i familiari, tanti gruppi e associazioni, che cominciavano a capire l'inganno dietro alle promesse di mettere tutto a posto con una controriforma. Il primo progetto «Obiettivo salute mentale» arrivò nel 1989, due anni dopo il disegno di legge di Franca Basaglia.



*Gli scritti di Franca Basaglia contenuti in Salute/malattia sono in buona parte delle «voci» dell'Enciclopedia Einaudi. Uno di essi, quello intitolato «Follia delirio» è un lavoro a quattro mani scritto con Franco Basaglia. Sono ripresentati con il discorso inedito che Franca Basaglia tenne nel 2001 in occasione del conferimento della laurea honoris causa a Sassari, e con un saggio (che qui pubblichiamo in parte) di Maria Grazia Giannichedda che insegna sociologia dei fenomeni politici all'Università di Sassari ed è stata tra i più stretti collaboratori di Franco Basaglia a Trieste e a Roma. Ha lavorato con Franca Ongaro Basaglia come consulente del gruppo Sinistra indipendente e ha curato con lei la pubblicazione delle Conferenze brasiliane di Franco Basaglia. Ha collaborato con la Commissione europea, l'Organizzazione mondiale della sanità e altri organismi delle Nazioni Unite. Con Franca e Alberta Basaglia ha costituito la Fondazione Basaglia di cui è attualmente presidente.